Se diamo un'occhiata ai dati mondiali, ci si può rendere conto immediatamente del nostro deficit in termini di istruzione secondaria superiore e di istruzione universitaria: a differenza di alcuni Paesi, come la Danimarca, la Germania, la Finlandia, il Canada, la Norvegia, la Svizzera, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, gli Stati Uniti d'America, i cui valori, nell'arco di tredici anni, oscillano tra il 70% e l'80%, arrivando anche oltre il 90%, l'Italia dimostra una certa fatica anche per arrivare al 50% (percentuale raggiunta solo nel 2005); si parte, infatti da numeri piccoli, che restano nella fascia del 40%, per giungere, dal 2005 fino al 2012, a percentuali leggermente più elevate, ma che non superano la soglia del 60%.

1998 1999 2001 2002 2003 2004 2005

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Un discorso analogo può essere fatto per l'istruzione universitaria: Paesi come i Paesi Bassi, la Norvegia, gli Stati Uniti d'America, Israele, l'Islanda, che, nello stesso arco di tempo del grafico precedente (dal 1998 al 2012), riportano valori che variano dal 20% circa, fino ad arrivare quasi al 40%, l'Italia parte con percentuali molto basse, che rimangono nella fascia del 10%, e non arriva neanche al 20%, fermandosi, nel 2012, al 15%.

1998 1999 2001 2002 2003 2004 2005

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Secondo il rapporto dell'OCSE del 2015, Education at a glance, la spesa riservata all'istruzione terziaria italiana rappresenta la quota più bassa tra i Paesi dell'OCSE, dopo il Lussemburgo, e un livello simile a quello del Brasile e dell'Indonesia. Al contrario, Paesi come Canada, Cile, Corea, Danimarca, Finlandia, Stati Uniti d'America, hanno dedicato quasi il 2%, o una quota superiore, del PIL all'istruzione terziaria. Si potrebbero trovare altri motivi per giustificare i nostri numeri: il rapporto in oggetto afferma che, nel 2013, in Italia, il 57% di tutti gli insegnanti della scuola primaria, il 73% degli insegnanti della scuola secondaria superiore, e il 51% dei docenti dell'istruzione terziaria avevano compiuto 50 anni di età o li avevano superati, le percentuali più alte registrate rispetto ai Paesi dell'OCSE e ai Paesi partner. Nel 2013, in Italia, gli insegnanti guadagnavano meno rispetto ai lavoratori con un livello di istruzione simile; inoltre, i salari degli insegnanti sono principalmente legati all' anzianità (anni di esperienza) e non valorizzano le prestazioni di eccellenza, come avviene ad esempio in Francia e in Finlandia. La normativa italiana non prevede alcuna regolare valutazione degli insegnanti o dei dirigenti scolastici, intesa come una valutazione individuale al cui termine vengono espressi dei giudizi sulle competenze e sulle prestazioni degli stessi. Sempre nel 2013, in Italia, il 31% degli insegnanti della scuola secondaria inferiore ha dichiarato di utilizzare spesso le TIC per progetti con gli studenti o per l'attività didattica in classe, contro una media del 40% nei diversi Paesi dell'OCSE. Nell'istruzione secondaria i ragazzi tendono ad essere sovrarappresentati tra quelli che ottengono risultati scarsi. Secondo lo studio Pisa 2012, il 14% dei ragazzi nelle scuola italiane hanno bassi livelli di competenze in matematica, lettura e scienze, mentre solo il 9% delle ragazze si è posizionato nelle fasce basse dei risultati in tutte e tre le discipline.