La rivincita dei musei italiani

Confrontando i dati dal 2006 al 2016 risulta esserci stato un andamento stabile degli ingressi nei musei italiani fino al 2013, con un significativo picco nel 2011, e un progressivo incremento di visitatori dal 2014.

I dati del 2016 decretano un nuovo record per i musei italiani. I 44,5 milioni di ingressi nei luoghi della cultura statali hanno portato incassi per oltre 172 milioni di euro, con un incremento rispettivamente del 4% e del 12% rispetto al 2015 che corrispondono a 1,2 milioni di visitatori in più e a maggiori incassi per 18,5 milioni di euro. Le regioni con il maggior numero di istituti sono la Toscana (550), l'Emilia-Romagna (440) e il Piemonte (397). Nel Sud e nelle Isole è concentrato il 52,1% delle aree archeologiche, mentre al Nord sono localizzati il 48% dei musei e il 43,1% dei monumenti.
Le tipologie prevalenti delle collezioni dei musei sono etnografia e antropologia (16,9%); seguono quelle di archeologia (15,5%), arte (11,9%), storia (11,4%), arte sacra (10,2%) e arte moderna e contemporanea (9,9%).
In Italia, un comune su tre ospita almeno una struttura a carattere museale: un patrimonio diffuso quantificabile in 1,5 musei o istituti similari ogni 100 kmq e circa uno ogni 13 mila abitanti. La maggior parte dei musei (il 63,8%) è di proprietà pubblica. Ben 1.909 istituti, pari al 41,6% del totale, appartengono ai Comuni e solo il 9% al Ministero competente; i musei statali, però, da soli, attraggono più di 40 milioni di visitatori (il 38,8% del totale).
Nel 49% degli istituti italiani, l’ingresso è gratuito. Per un terzo degli istituti l’incasso annuo derivante dai biglietti non supera i 20.000 euro. Se complessivamente un quarto degli enti realizza non più di 1.000 euro all’anno, le megastrutture, con oltre 500.000 visitatori, arrivano ad incassare ognuna oltre un milione di euro.
Il 44,9% dei visitatori sono stranieri. Per oltre la metà degli istituti (53,3%) gli stranieri rappresentano però una componente minoritaria del pubblico: non più del 10% dei visitatori. Nel complesso, sono state quasi 104 milioni le persone che nel 2011 si sono recate nei musei, nei monumenti e nelle aree archeologiche italiane. Sulla base dei dati forniti, i visitatori paganti risultano 54,9 milioni, a fronte di 48,9 milioni di non paganti. I musei e gli istituti similari statali, che rappresentano meno del 10% del totale, richiamano da soli il 38,8% dei visitatori: più di 40 milioni nel 2011. La distribuzione delle presenze è molto polarizzata, dal momento che le prime 15 strutture espositive totalizzano quasi un terzo dell’intero pubblico. Il numero medio di visitatori per istituto è quasi 24.000, ma notevoli differenze emergono nel confronto, sia fra istituti statali (per i quali la media è di poco meno di 100.000 ingressi) e istituti non statali (che si attestano su poco meno di 16.000 visitatori), sia fra regioni. I valori medi più alti sono, infatti, raggiunti dal Lazio (quasi 68.000 ingressi per istituto), Toscana (oltre 42.000), Campania (più di 37.500). Al contrario, gli istituti di Basilicata, Marche, Abruzzo e Molise non superano la soglia media di 6.000 visitatori.

In merito alla composizione e alle caratteristiche del pubblico, i musei e gli istituti similari rispondenti stimano che i giovani con età compresa tra i 18 e i 25 anni rappresentino poco più di un quinto (21,1%) dei visitatori. Questo dato può essere messo in relazione, tra l’altro, alla carenza di politiche tariffarie di favore per gli under 25, alla relativa staticità dell’offerta espositiva e a un rapporto con le ICT ancora da sviluppare. Anche il pubblico degli anziani resta marginale e arriva a rappresentare poco più di un quarto del totale (26,3%). Significativo il dato relativo alla quota stimata dei visitatori provenienti dall’estero, che - se nel complesso rappresentano il 44,9% dei visitatori - per oltre la metà dei musei e degli istituti similari italiani non superano il 10% degli ingressi del 2011. La scarsa dimestichezza con il Web, sia come ambiente nel quale segnalare la propria esistenza e le proprie attività, sia come potente strumento informativo su calendari, orari e servizi, sia come mezzo user-friendly di larghissimo raggio per la prenotazione delle visite e la vendita dei biglietti, contribuisce ad esprimere una bassa capacità di penetrazione nel pubblico internazionale. Ma è soprattutto nelle ridotte capacità di comunicazione dei contenuti in lingue diverse dall’italiano che va ricercata la ragione del “mancato aggancio” fra patrimonio museale italiano e visitatori stranieri.