Elenchiamo ora alcune statistiche che mostrano il generale sviluppo del trasporto in Italia dagli anni 20 del Novecento al 2015 circa. Tutti i grafici, eccetto quello sul mercato del trasporto merci, possono essere ingranditi, selezionandone una regione.

Il trasporto merci

Si può chiaramente notare come la quantità di merci movimentata via ferrovia sia rimasta sostanzialmente stabile dal primo dopoguerra a oggi. Il trasporto per mare, dopo aver affiancato come quantità quello su ferro, ha cominciato a distanziarlo a metà degli anni ’50, terminata la ricostruzione postbellica e la stagione dell’autarchia fascista.

Il trasporto su gomma, per il quale purtroppo mancano dati precedenti il , è di gran lunga il principale attore del trasporto merci, con un volume movimentato doppio rispetto ai suoi due concorrenti principali. Il trasporto aereo sarà analizzato più avanti.


Un approfondimento sul mercato

Questo grafico chiarisce la situazione già descritta dal precedente. In Italia, in questi ultimi vent’anni, per strada hanno viaggiato almeno i tre quinti delle merci movimentate (escludendo il trasporto per oleodotto e per canale e fiume, che hanno un ruolo marginale), anche se nel periodo successivo alla crisi del sembrerebbe esserci un tentativo di recupero di mare e ferrovia sulla strada.

È doveroso precisare che la ferrovia e la strada si contendono, almeno teoricamente, lo stesso bacino d’utenza, mentre i trasporti via mare, specie quelli intercontinentali, resi possibili dalla globalizzazione, difficilmente possono avere alternative.


Le merci per via aerea

Le merci per via aerea meritano un discorso a parte a causa dell’ordine di grandezza della loro quantità, nettamente inferiore a quello dei trasporti terrestri e marittimi. Dall’inizio delle rilevazioni, il comparto aereo è sempre stato in crescita, che, da timidissima qual era prima della guerra, è divenuta decisa a partire dagli anni ’60, rallentata solo dalla recessione del , dal cui colpo però sembra già essersi ripresa.

Aereo Alitalia in volo

Dal i dati includono anche il bagaglio trasportato.


Il trasporto passeggeri

Nel campo del trasporto passeggeri, le ferrovie hanno da sempre una posizione preminente. Il loro quasi-monopolio è stato intaccato solo dalla maggiore disponibilità di automezzi per i privati e dallo sviluppo dell’aviazione. L’introduzione dell’alta velocità ferroviaria modernamente intesa ha comunque consentito al treno di ritornare competitivo sull’aereo, almeno per le tratte nazionali. Dalla metà degli anni ’80 il trasporto su ferro, dopo un trentennio di sostanziale stasi, ha ricominciato a crescere, e questa crescita si è fatta più marcata dall’inizio del ventunesimo secolo.

Il trasporto aereo, fino alla fine del ventesimo secolo con un numero di viaggiatori minore del settore marittimo, ha preso il sopravvento grazie all’avvento delle compagnie low cost e ha retto molto bene all’impatto della recessione post-2008, che ha invece duramente colpito il suo concorrente. La decrescita dei passeggeri per nave dimostra che questo mezzo di trasporto è ormai usato quasi esclusivamente per viaggi di piacere, e che quindi, in quanto spesa voluttuaria, è stato abbandonato dai suoi fruitori più colpiti dalla crisi.


Un’analisi sulle Ferrovie dello Stato

Sia per il parco merci che per il parco passeggeri, le FS hanno diminuito il numero di rotabili tradizionali (ovvero carri, carrozze e motrici), sebbene un settore sia in declino e l’altro in crescita.

automotrice ALn 668
Un’automotrice ALn 668.

Per quel che riguarda il trasporto passeggeri, è necessaria una precisazione: esso è espletato anche da automotrici, autotreni ed elettrotreni, che non figurano in questo grafico per mancanza di informazioni al riguardo. Quindi il calo delle carrozze e delle motrici mentre i viaggiatori aumentano potrebbe essere dovuto al fatto che molti treni, che prima erano effettuati con composizioni tradizionali, sono stati presi in carico da automotrici o simili.

Per i carri merci, si nota che, malgrado le merci movimentate dalle FS nel fossero la stessa quantità di novant’anni prima, i carri per il loro trasporto erano un settimo. I carri moderni sono molto più capaci dei loro antenati, quindi ne servono meno per trasportare uno stesso carico. Inoltre, il trasporto merci locale, una volta molto presente, si è tremendamente ridimensionato (basti guardare quanti scali merci abbandonati ci sono sulla rete ferroviaria italiana) e con esso la necessità di tenere in deposito lungo le linee secondarie, magari sottoutilizzati, piccoli carri per espletare questi servizi.

Il calo nel numero delle motrici, per le quali non si è fatta distinzione tra atte al servizio merci o passeggeri per impossibilità di reperire dati con queste informazioni, è stato causato, oltre che dalla concorrenza per il servizio passeggeri delle automotrici sulle tratte meno importanti e degli elettrotreni su quelle principali, dal fatto che le macchine moderne hanno bisogno di una manutenzione meno frequente e possono essere sfruttate più intensamente, quindi per soddisfare i bisogni della rete diviene sufficiente un numero minore di locomotori.


Le reti stradale e delle Ferrovie dello Stato

Estensione assoluta in chilometri Estensione relativa rispetto a un anno

Dal grafico raffigurante l’estensione in chilometri delle due reti, il fatto più evidente è la distruzione per cause belliche di 4000 km di linea, che ha riportato la rete ferroviaria italiana alla lunghezza che aveva nel . A dimostrazione dell’importanza di quell’infrastruttura, nei tre anni successivi alla fine del conflitto, l’estensione delle ricostruzioni fu quasi pari a quello delle costruzioni nei cinquant’anni precedenti, anche se furono abbandonati alcuni tratti giudicati indegni di riattivazione (fra questi, a titolo d’esempio, si può citare la Lucca-Pontedera). Terminata la ricostruzione postbellica, la rete ferroviaria di stato non si è più estesa significativamente, attestandosi sui 16000 km, con un saldo quasi nullo tra nuove realizzazioni, rettifiche e dismissioni. L’incremento successivo al è dovuto alle linee ad alta velocità.

Frecciariossa1000
L’ETR 400, meglio conosciuto con la denominazione commerciale di Frecciarossa 1000

Per quel che concerne strade e autostrade, dopo la ricostruzione, il distacco dalla situazione d’anteguerra si è avuto dagli anni ’60 per le provinciali e le statali, con un totale di sessantaduemila chilometri tra nuovi percorsi e rettifiche di vie già esistenti (metà dei quali costruiti nel ) e grandi opere come i trafori del Monte Bianco e del Gran San Bernardo, che hanno reso gli scambi con la Francia e la Svizzera rispettivamente molto più rapidi. Un valore simile, sessant’anni prima, ebbe per la ferrovia il traforo del Sempione. Gli anni ’60 sono anche ricordati per l’Autostrada del Sole (700 km circa), la cui inaugurazione, nel , ha aperto la strada al grande ampliamento della rete autostradale degli anni successivi, solo rallentato dalla crisi petrolifera del e terminato nei primi anni ’80.


I veicoli sulle strade italiane

Numero degli autoveicoli Composizione percentuale Composizione relativa rispetto a un anno Crescita sull’anno precedente delle principali categorie di veicoli

Il numero di motocicli o di automobili (a seconda del periodo storico) circolanti sulle strade è uno degli indici più chiari della crescita economica dell’Italia. Dopo una crescita, in proporzione, notevole negli anni ’20 e più sofferente nel decennio successivo, i mezzi su strada si sono dimezzati a causa del secondo conflitto mondiale. Il recupero dei numeri d’anteguerra si è avuto nel , e in quegli anni è iniziato il fenomeno della motorizzazione di massa, prima con le motociclette, più economiche e con meno formalità amministrative. Il segno di un maggiore e più diffuso benessere in Italia è però dato dal sorpasso tra il numero di motocicli e di automobili, queste ultime ovviamente più costose in acquisto e gestione: non a caso questo è avvenuto nel , in pieno miracolo economico, sette anni dopo l’introduzione della spartana FIAT 500. Dagli anni del boom in poi, il numero dei veicoli su strada è stato quasi sempre in crescita, sebbene questa, gradualmente, abbia rallentato, passando dalle due cifre del (il numero delle automobili ha invece continuato ad avere un tasso di crescita a due cifre fino al ) alla presente, nell’ordine quasi del pareggio. Il periodo di recessione successivo al 2008 pare aver accentuato una tendenza all’assenza di crescita già presente, probabilmente causata da una saturazione del mercato, piuttosto che aver bloccato esso stesso la crescita dei veicoli.

autostrada

Studiando la proporzione tra le varia categorie di mezzi circolanti, si può notare come gli attuali rapporti abbiano preso forma negli anni ’70-’80, con la totale preponderanza dell’automobile su tutti gli altri veicoli.

Un confronto interessante è quello che può farsi tra il numero di veicoli e la rete stradale a loro disposizione (esclusa la viabilità comunale e minore, su cui i dati sono incompleti): si può calcolare che nel , per ogni chilometro di strada extraurbana esistevano 8 veicoli capaci di percorrerlo (una sostanziale assenza di traffico, si potrebbe dire), mentre nel 2013, la densità di mezzi sulla rete viaria era di 270 veicoli al chilometro. Questo gigantesco incremento, diventa ovvio se si pensa che dall’entrata in guerra dell’Italia la lunghezza delle strade statali, provinciali e delle autostrade nell’insieme si è a malapena triplicata, mentre il parco circolante si è centuplicato, sottoponendo l’infrastruttura a una prova mai vista nella storia.

Il salto nel numero di motoveicoli avvenuto tra il e l’ è dovuto all’esclusione dei ciclomotori dalla categoria dei motoveicoli.


Un’analisi sulla flotta mercantile

Il fatto che emerge più evidente dal grafico è la grande crescita della stazza (il volume di carico di una nave, misurato in tonnellate marittime, che però non hanno legami con l’unità di peso) complessiva del naviglio all’inizio del ventunesimo secolo, bloccata e fatta arretrare dalla recessione del 2008, che ha fatto contrarre gli scambi commerciali. L’aumento della stazza, però, non è stato accompagnato da un incremento nel numero delle navi, che semplicemente sono diventate molto più grandi. Si nota anche che per tutti gli anni ’80 e ’90 la stazza delle navi italiane è calata, mentre i volumi di passeggeri e merci transitati dai porti italiani sono aumentati, sintomo di una più forte presenza nel settore di operatori stranieri.

Il salto tra il e il nel numero delle navi è dovuto al fatto che prima dell’ultima data non erano considerate le navi a vela.


Questo sito è stato realizzato dagli alunni del corso di Informatica Umanistica dell’Università di Pisa Giovanni Battista Ricci e Arianna Melchiorri per l’esame di Basi di Dati e Laboratorio Progettazione Web.