Introduzione


Il nostro modello di sviluppo è il consumismo, fondato sulla circolarità forzata produzione-consumo.
La nostra civiltà è quella dell'usa e getta e questo nostro stile di vita aggrava il degrado del Pianeta, compromettendo seriamente la qualità di vita di chi verrà dopo di noi.
Stiamo smarrendo il senso del limite: utilizziamo più energia, produciamo più automobili, tagliamo più alberi, peschiamo più pesci e così via. Spesso senza pensare che i combustibili fossili non si rigenerano, foreste e pesci obbediscono ai tempi dei cicli naturali e non a quelli economici, l'atmosfera in cui diluiamo i nostri veleni non è un serbatoio infinito.
Disporre di alcune informazioni basilari sull'attuale situazione dell'inquinamento può aiutarci a diventare persone più consapevoli e responsabili.
Si sta affermando pian piano la consapevolezza che l'ambiente è un bene planetario, cioè che l'effetto di queste sostanze inquinanti non è confinato nei luoghi in cui sono prodotte e che perciò la sua salvaguardia richiede interventi su scala sia locale sia globale, con provvedimenti immediati e anche a lungo termine.

Quanta energia sprechiamo?


Gli sprechi energetici sono una delle caratteristiche principali del nostro stile di vita che non ci possiamo più permettere, quindi ci si deve chiedere come si possa personalmente contribuire a invertire la rotta.
Nella lotta agli sprechi il primo obiettivo da perseguire è, come sempre, la conoscenza: rendersi conto di dove e come si consuma, in modo da essere più incisivi nella nostra azione. Purtroppo infatti c'è una grande sproporzione tra la percezione che abbiamo dei nostri consumi energetici e la loro effettiva distribuzione.
Il cittadino europeo medio ritiene che il 39% del proprio consumo vada ad alimentare elettrodomestici e illuminazione. In realtà sono 5 volte più bassi di quanto percepito, ma sono avvertiti in quanto più direttamente "visibili". La realtà è che in media oltre la metà dell'energia consumata dal cittadino europeo serve a riscaldare l'ambiente in cui vive, e quasi un altro terzo serve per far funzionare le sue automobili. La prima cosa da fare è quindi mettersi una maglia in più e abbassare da 21 a 19 gradi il termostato di casa: ciò riduce fino al 20% i consumi per il riscaldamento.
Inoltre dobbiamo concentrare l'attenzione sull'auto: oltre a comprarne una molto efficiente, è bene evitare di usarla per percorsi brevi, tenere basso il regime del motore e controllare spesso la pressione delle gomme. Abbassando il limite di velocità in autostrada a 110 km/h risparmieremo il 35% del carburante.
Anche se sono inferiori a quanto percepiamo, anche i consumi elettrici vanno tenuti sotto controllo per un efficace azione anti-sprechi.

L'energia primaria

Attualmente le sei principali fonti di energia primaria sono: petrolio (31.9%), carbone (27.1%), gas naturale (22.1%), biomasse (9.8%), energia nucleare (4.9%), idroelettrico (2.5%) e "nuove" rinnovabili (1.6%).

Dunque oltre l'80% dell'energia che il mondo usa proviene da combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale), che sono risorse limitate non rinnovabili. In altre parole possono essere utilizzate una sola volta. Nella fase storica attuale il petrolio è la fonte energetica più importante e finora l'estrazione di pertrolio convenzionale è riuscita a far fronte alla domanda, ma verrà un giorno in cui la sua produzione inizierà inesorabilmente a diminuire.
Le alternative fossili al petrolio sono il gas naturale (costituito principalmente da metano) e il carbone. Da un punto di vista puramente economico son soluzioni di ripiego: il petrolio, oltre ad essere più facilmente trasportabile, presenta costi d'estrazione molto più bassi.
Negli ultimi anni c'è stato un forte aumento nei consumi di gas e le stime attuali delle riserve suggeriscono che il picco di produzione per il gas dovrebbe avvenire poco dopo quello del petrolio.
In vista di una diminuzione della disponibilità di petrolio e gas per i prossimi decenni, l'attenzione generale sta tornando sul carbone, che però è anche il combustibile fossile più inquinante ed è quello che genera maggior quantità di gas serra per unità di energia prodotta.
I giacimenti di combustibili fossili non sono distribuiti in modo omogeneo nelle varie regioni della Terra e lo stesso vale per i consumi.

Rifiuti


Negli ecosistemi naturali quanto scartato da un anello del sistema diventa risorsa per un’altra componente. Al contraio, nell'economia odierna, si consumano risorse non rinnovabili producendo rifiuti non smaltibili. Ogni volta che si usano risorse per produrre un manufatto o mettere in opera un servizio si producono rifiuti. A seconda del loro stato di aggregazione i rifiuti si accumulano come escrescenze sulla superficie della terra, per poi unirsi alle acque superficiali o profonde oppure, nel caso siano gassosi, si diffondono nell'atmosfera. Quindi l'ambiente naturale si impoverisce del suo contenuto originale e si "arrichisce" di una certa quantità di sostanze estranee solide, liquide o gassose. Negli ultimi decenni ci siamo resi conto che queste sostanze sono nocive per la salute dell'uomo e dannose per l'ambiente e la stabilità del clima. Riciclare i rifiuti significa "valorizzare" i rifiuti, recuperando materie prime, anzich&egrave smaltirli direttamente in discarica ed inceneritori. La raccolta differenziata &egrave alla base del riciclaggio.
I rifiuti sono composti da materiali diversi per cui se tutti imparassimo a fare una raccolta differenziata, molti di questi potrebbero essere riciclati, cio&egrave potrebbero essere riutilizzate le materie prime, risparmiando cos&igrave tante risorse naturali e tanta energia necessaria per la produzione di nuove materie prime.
Il riciclo funziona quando viene fatto dai cittadini, costantemente e in modo corretto, iniziando in casa la raccolta differenziata tramite la corretta separazione dei vari tipi di rifiuto.
Per ottenere risultati in termini di riciclo è quindi necessario lavorare sulla cultura di massa.

Danni collaterali

I gas serra (i maggiori gas serra naturali sono: vapore acqueo, anidride carbonica, ozono) sono componenti gassosi dell'atmosfera che contribuiscono all'effetto serra, un fenomeno naturale che di per sè non è negativo. E infatti è grazie ad esso se la Terra non ha una temperatura eccessivamente bassa e inospitale: da un lato i gas serra favoriscono la riflessione verso terra dei raggi IR, dall'altro trattengono parte del calore che così viene distribuito sulla superficie terrestre, mitigandone il clima.
Questo fenomeno però si regge su un equilibrio naturale che le attività umane (soprattutto deforestazione e combustione di carburanti fossili), responsabili di un forte incremento di CO2, sta mettendo sempre pi&ugrave sotto pressione. L'aumento dei gas serra infatti sta facendo alzare eccessivamente le temperature causando profondi cambiamenti climatici.
Dall'inizio della rivoluzione industriale, le concentrazioni di molti gas serra sono incrementate. La maggior parte di anidride carbonica è stata emessa dopo il 1945.


L'uso dei combustibili fossili immette nell'atmosfera, oltre all'anidride carbonica, anche un gran numero di sostanze dannose alla salute, come quelle "particelle", note come polveri sottili, particolato o PM, che sono una miscela complessa di particelle estremamente piccole e goccioline liquide. L'inquinamento da particolato è costituito da un numero di componenti, tra cui gli acidi (come i nitrati e solfati), prodotti chimici organici, metalli e particelle di suolo e di polvere.
La dimensione delle Particelle è direttamente legata alla loro capacità di causare problemi di salute. L'EPA (Agenzia per l'ambiente americana), e l'Agenzia europea si sono dette preoccupate per le particelle che hanno 10 micrometri di diametro (PM10) o sono ancora più piccole.
Il motivo della preoccupazione è dovuto al fatto che queste sono talmente piccole da essere in grado di passare attraverso il naso e la gola e penetrare nei polmoni. Una volta inalate, queste particelle possono influenzare il cuore e i polmoni e causare seri effetti sulla salute.

L'ecosostenibilità


Con il termine economia sostenibile ci si riferisce ad un tipo di economia incentrata sul concetto più ampio di sviluppo sostenibile.
Per questo tipo di modello economico lo sviluppo deve svolgersi attraverso un impiego attento e misurato delle risorse naturali in modo da poterne permettere l’utilizzo anche alle generazioni future. Per raggiungere questo obiettivo occorre valutare le attività umane in base al loro costo energetico, al loro costo in materie prime e anche al loro impatto ambientale. Si devono preferire, a parit&agrave di utilità economica, le merci e i servizi che richiedono meno materie prime e meno energia, che durano più a lungo, che producono meno scorie, che comportano minore inquinamento e minore consumo delle risorse naturali.
Per quantificare e discutere i problemi della sotenibilità si usano vari tipi di parametri. Il pi&ugrave noto fra questi è l'"impronta ecologica", definita come l'area di superficie terrestre capace di fornire le risorse necessarie al consumo quotidiano di una persona e di smaltirne i rifiuti.
Secondo una stima generalmente accettata la Terra oggi è in grado di sopportare un'impronta ecologica media di 1,8 ettari per abitante (un ettaro=10.000 m²). Le più recenti stime mostrano che in media un cittadino statunitense ha una impronta ecologica di 8 ettari. L'impronta in ettari vale circa 7 per un canadese, 5 per un tedesco o per un italiano, 1,8 per un colombiano, 0,8 per un indiano, 0,4 per un afghano.
Le persone quindi non hanno lo stesso "peso" sulla Terra. Se ciascuno dei 7 miliardi di abitanti della Terra avesse un'impronta ecologica uguale a quella dello statunitense medio, avremmo già oggi bisogno circa di quattro Terre. In sintesi lo sviluppo sostenibile deve rispettare la cosiddetta regola delle tre E: