Introduzione


Il crimine in Italia è in aumento o in calo? La criminalità è più diffusa nel sud, in centro, oppure al nord? Quanto incide la massiccia immigrazione nel bilancio complessivo? E la disoccupazione?

Le risposte non sono semplici come i politici a volte fanno credere: i dati raccolti e gestiti da ISTAT provengono da venti regioni, profondamente differenti tra loro ed in alcuni casi molto più simili alle nazioni con cui confinano piuttosto che a quelle in cui sventola lo stesso tricolore.

Di seguito vogliamo fornire un’analisi del fenomeno considerando dapprima i dati puramente statistici, che verranno poi filtrati soppesando il fattore demografico e la correlazione sia con immigrazione che disoccupazione.

ladri_di_biciclette

Percezione dei cittadini


La criminalità da sempre occupa un posto di rilievo tra le preoccupazioni dei cittadini italiani. Secondo l'indagine multiscopo "Aspetti della vita quotidiana" di Istat, essa si colloca al secondo posto tra i problemi della penisola, nella serie storica dal 2004 al 2016, a livello di percezione soggettiva.

L'eterogeneità dell'Italia, vista in passato in accezione positiva con punte di vanto ed orgoglio, in questo momento più che mai viene strumentalizzata da forze politiche estremiste, che vorrebbero attuare politiche di divisione all'interno della stessa penisola ed "aiutare a casa loro" i rifugiati esteri.

Di seguito verranno analizzate alcune informazioni, estratte dalla banca dati ISTAT, e messe in relazione con una serie di dinamiche sociali per generare un quadro sincero sulla reale situazione criminosa in Italia.

Uno sguardo d'insieme


carcere

Prima di iniziare, bisogna ricordare che ogni città (ed ogni regione) ha le sue tendenze che dipendono dalle caratteristiche della città stessa, dall'arco temporale e dal tipo di crimine. In realtà, le tendenze variano da quartiere a quartiere all'interno delle città; microcosmi in cui i trends generali si modellano sulla realtà locale.

Nel seguente grafico si può notare il numero di delitti denunciati all'autorità giudiziaria nel corso degli ultimi anni.

Quello che si evince immediatamente è un risultato inatteso: una regione del nord guida la classifica dei crimini totali (Lombardia), seguita da una regione del centro (Lazio) e nuovamente da una del nord (Emilia-Romagna). Tramite l'apposito bottone del grafico è anche possibile visualizzare i crimini rapportati al numero di abitanti per regione:

Delitti totali Delitti per popolazione

Rapportando il numero di crimini al numero di abitanti la situazione risulta meno scontata del previsto: La densità dei crimini per abitante è descrescente da nord a sud.

La prima obiezione che potrebbe venire in mente è che i crimini hanno diversi livelli di gravità. Ad esempio un omicidio ha rilevanza maggiore rispetto ad una truffa. E' quindi d'obbligo uno studio della tipologia, ovvero della gravità, dei crimini.

Nel grafico successivo viene mappato per ogni regione il numero dei crimini più efferati, ripartito per numero di abitanti. I crimini qui rappresentati includono omicidio volontario, tentato omicidio ed attentati.

Crimini efferati totali Crimini efferati per popolazione

Quello che viene immediatamente evidenziato è la rilevanza dei suddetti crimini di grave entità in alcune regioni infestate dalla criminalità organizzata, come Calabria, Campania, Sicilia.

Lombardia e Lazio mantengono comunque una posizione di rilievo già evidenziata in precedenza.

Crimine e immigrazione


Come influisce la grande immigrazione in atto sul fenomeno della criminalità?

Uno dei dati più certi e nello stesso tempo impressionante è il numero di detenuti stranieri nelle carceri italiane. Nel 2017, secondo i dati del ministero della giustizia, su una popolazione detenuta complessiva di 57608 presenze, ben 19.745 erano stranieri, pari cioè al 34,28% del totale.

Quanto alla provenienza, le presenze di detenuti stranieri più significative sono nell’ordine quelle del Marocco, della Tunisia, della Nigeria e Romania. Dunque, 1/3 dei detenuti è di origine straniera, con una forte incidenza di extracomunitari e di rumeni. Considerato che certamente il numero degli stranieri presenti in Italia non assomma ad 1/3 della popolazione italiana, ne viene che il tasso di delittuosità degli stranieri sembrerebbe essere di molto superiore a quello degli italiani.

Occorre però considerare una serie di elementi con efficacia parzialmente correttiva o integrativa dei secchi dati analizzati.

immigrazione

In primo luogo è noto che, sociologicamente, il tasso di delittuosità è molto più elevato nella fascia di popolazione costituita da soggetti maschi e giovani. Esattamente la tipologia rappresentata dalla quasi totalità dei clandestini, con la conseguenza che è del tutto normale, quindi, che rispetto all’intera popolazione italiana quella degli immigrati presenti un tasso relativo di delittuosità più elevato.

In secondo luogo, bisogna tener conto del fatto che i condannati stranieri hanno una maggiore difficoltà ad accedere alle misure alternative al carcere, sia perché sono sovente assistiti da una difesa tecnica meno attrezzata sia perché non dispongono di quelle condizioni abitative, familiari e lavorative che costituiscono il presupposto per la concessione di misure extramurarie. Con la conseguenza che la percentuale della loro presenza in carcere può ben risultare influenzata verso l’alto, rispetto agli italiani, da questo fattore sostanzialmente strutturale senza che ciò significhi necessariamente un corrispondente più alto tasso di delittuosità.

Occorre, inoltre, separare il dato relativo al totale degli stranieri denunciati da quello dei “regolari”, cioè dei residenti. Come si osserva nel Dossier Statistico Immigrazione 2017 (Idos), «solo depurando gli stranieri denunciati della componente irregolare potremo dire se l’incidenza degli stranieri regolari tra i denunciati è superiore rispetto a quella che si riscontra nella popolazione residente in Italia». Attraverso i dati del ministero si ricava ad esempio che, nel 2006, gli stranieri regolari denunciati in Italia costituiscono quasi il 6% del totale dei denunciati a fronte di un’incidenza degli stranieri regolari residenti sull’intera popolazione pari a circa il 5%, al quale dovrebbe essere aggiunta la massa degli stranieri presente regolarmente in Italia ogni anno ma non residente (si parla di quasi 50 milioni complessivi transitanti ogni anno in Italia).

La conclusione è tanto ovvia in sé, quanto problematica per le conseguenze che essa suggerisce. È evidente, infatti, che il tasso di delittuosità degli stranieri è pressoché coincidente con quello degli italiani quando si tratta di “regolari”, mentre s’innalza davvero notevolmente quando sono “irregolari”.

Crimine e disoccupazione


Chiedersi se la disoccupazione influisca sulla criminalità può sembrare inutile: sembra intuitivo che una persona senza lavoro, che vive una condizione materiale, mentale e sociale di forte disagio, può essere tentata di commettere un reato molto più facilmente di una persona che possiede un’occupazione. A sua volta, quest’ultima non avrà né il tempo né sufficienti motivazioni per considerare seriamente tale possibilità. Appare ovvio considerare la disoccupazione come uno dei principali fattori criminogeni.

È davvero così?

Mentre l’opinione comune considera la disoccupazione una delle più importanti cause della criminalità, l’analisi empirica appena effettuata stenta a documentare l’esistenza di un legame statisticamente significativo e nella direzione attesa fra i due fenomeni.

Bisogna comunque ricordare che i dati ottenuti potrebbero essere stati influenzati da legami spaziali: ad esempio l’efficacia o meno di un territorio nella lotta alla criminalità, oppure il diverso tenore di vita di una zona potrebbero inficiare la visibilità di una eventuale correlazione disoccupazione-criminalità.

Anche lo spostamento premeditato al fine di delinquere in zone più remunerative da parte di criminali forestieri inficia sicuramente la leggibilità dell’analisi.

Infine è bene sottolineare la questione della causazione inversa. È del tutto plausibile, infatti, che chi possiede precedenti penali venga etichettato come criminale e non riesca a trovare un’occupazione (e sia, a sua volta, più facilmente influenzabile da opportunità illecite). Certe occupazioni, peraltro, sono precluse a chi ha commesso un reato.

Conclusioni


Al contrario di quanto generalmente si pensa,la distribuzione geografica della criminalità sia per numero totale di delitti che per rapporto delitti/abitanti segue un andamento decrescente da nord a sud.

I crimini più efferati (omicidio volontario, tentato omicidio ed attentati) però, sono distribuiti maggiormente nelle regioni caratterizzate da alto tasso di criminalità organizzata, che vedono prevedibilmente Calabria, Campania e Sicilia in testa.

L’immigrazione incide in maniera significativa solo nel caso in cui non è regolarizzata: come si è visto il tasso di delittuosità degli stranieri è pressocchè identico a quello degli italiani quando si tratta di “regolari”.
Abbiamo tuttavia analizzato che questa incidenza è meno forte di quanto facciano apparire i dati per la serie di ragioni descritte.

Per quanto riguarda la disoccupazione, sorprendentemente i dati non hanno indicato una correlazione evidente tra lo stato di inattività lavorativa e criminalità. Tuttavia, in questo caso, occorrerebbe un’analisi più fine che tenga conto di altri fattori, come ad esempio lo spostamento territoriale mirato e l’affidabilità dei dati dichiarati, affinchè si possa giungere a conclusioni che offrono maggiori garanzie di veridicità.


About


Realizzato da Matteo Colella ( 533175 ) per l’esame di Laboratorio e Progettazione Web, a.a. 2017/2018.

Dati estrapolati da I.Stat

Grafici creati con l’ausilio di Google Charts ed Highcharts

Materiale di supporto: