L'economia della prevenzione

Nel quinquennio 2013-2017 appena trascorso, la popolazione attiva in Italia è oscillata tra i ventiquattro e i venticinque milioni. Nel periodo in questione le fluttuazioni economiche hanno dettato "le linee guida" dell'occupazione non solo in termini salariali ma, soprattutto, di vite umane. In questo arco temporale gli incidenti e le morti sul lavoro denunciati sono oscillate tra i seicentonovantacinquemila e i seicentotrentasettemila casi, a discapito della sicurezza. Dove è il nesso economia-occupazione-sicurezza?

Gli anni della crisi hanno portato l'Italia a dover affrontare diversi problemi: uno dei principali riguarda sicuramente la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Analizzando la flessione del PIL nel periodo 2013-2017, si evince, tuttavia, che non risulta un condizionamento della crescita del tasso di occupazione, il quale, dopo il calo di un punto nel 2013 rispetto al 2012, è pian piano risalito fino ad arrivare nel 2017 a registrare il 58% (più di due punti in più rispetto al 2012).

Altro elemento da considerare è l'indice di popolazione italiana attiva che registra un andamento crescente negli anni.

In corrispondenza degli andamenti sopradescritti, gli infortuni sul lavoro denunciati in Italia hanno avuto un andamento altalenante: dopo il calo drastico del 2015 rispetto al 2013 (seicentotrentasettemila vs seicentonovantamila), si è assistito ad un aumento nel 2016 e 2017 di circa tremila casi. I valori degli infortuni riportati comprendono anche infortuni denunciati da lavoratori contrattualmente irregolari. Tuttavia, come vedremo successivamente, i livelli di lavoro in nero e le possibili denuncie non effettuate, non permettono di considerare tali dati esaustivi per rappresentare completamente il fenomeno.

Rapportati con la popolazione attiva in italia notiamo che:

tab: percentuale infortuni annui rispetto a popolazione attiva lorda (comprensiva del lavoro sommerso).
2013 2014 2015 2016 2017
2,85% 2,7% 2,6% 2,58% 2,5%

Rapporto economia - sicurezza nei luoghi di lavoro



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Visto l'adamento del PIL e la mancanza di garanzie economiche, con i quali la popolazione italiana si è dovuta confrontare, molti cittadini hanno scelto, pur di lavorare, di accettare situazioni lavorative precarie in termini contrattuali e di sicurezza. A dimostrazione di quanto sopra affermato, un esempio è l'andamento delle denuncie per infortuni registratosi nel 2016.

D'altro canto, dobbiamo prendere in considerazione anche il fatto che nel giro di tre anni, dal 2013 al 2015, si è assistito alla diminuzione dello 0,2% di infortuni sul lavoro denunciati.

A fronte di questo dato, considerando il biennio 2013-2014 un periodo di "piccola" crescita economica, in termini di PIL, seguita da un disastroso 2015, nel quale il PIL è crollato verticalmente, risultano due considerazioni:

  1. Il crollo del PIL del 2015 è ciò che ha innescato la crescita del numero di infortuni denunciati nell'anno successivo, evidenziando che l'economia sia legata alla attenzione rivolta alla sicurezza sul lavoro;

  2. Non è sufficiente analizzare il mero dato del PIL per poter spiegare e giustificare i vari andamenti degli infortuni sul lavoro.
Infatti, il punto numero 2 della disamina, anche se va nella direzione di dimostrare che l'interesse e l'investimento sulla sicurezza cresce indipendentemente dalle possibilità economiche, non tiene conto di un dato fondamentale e pesantemente influenzante sull'economia: il lavoro in nero.

Incertezza economica


  • totali
  • 2013
  • 2014
  • 2015
  • 2016
  • 2017
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Lavoro Nero

Nel 2015 i dati riportano un valore numerico di lavoro in nero pari a 3 milioni e 300mila lavoratori.
Tali dati sono conseguenza della crisi economica del nostro paese, in quanto quest'ultima ha portato alla diminuzione dell'offerta di lavoro, con conseguente accettazione da parte dei lavoratori di ogni condizione lavorativa.
Infatti, se nel 2012 il tasso di disoccupazione era pari a 10.7 pti, già nell'anno successivo saliva di ben 2 pti, rimanendo stabile per i tre anni successivi e accennando una leggera, ma apparentemente regolare, ripresa (scesa del tasso), a partire dal 2016.

Il boom del lavoro nero è evidente specialmente nel triennio 13-15, a presumibile dimostrazione che l'andamento dell'economia, in una congiuntura economica sfavorevole, abbia influenzato il tasso di disoccupazione e, conseguentemente, la crescita del lavoro in nero.

Una cosi elevata percentuale di lavoro in nero può comportare che, nell'ordine di 3 milioni e 300 mila lavoratori vi sia la possibilità che infortuni di varie entità non siano denunciati e quindi stimabili nel computo totale.
Si può quindi affermare che il lavoro in nero alimenta l'impossibità di capire la reale relazione che intercorre tra economia e sicurezza nei luoghi di lavoro.

L'aumento del lavoro in nero può comportare, inoltre, il fatto di sfavorire la possibilità di denuncia di un eventuale infortunio da parte del lavoratore interessato. Anche se l'INAIL prevede, in base al D.P.R. 1124/1965, la possibilità di risarcira la vittima non assicurata, rifacendosi successivamente sul datore di lavoro, questo comporterebbe un denuncia per quest'ultimo. Il lavoratore in nero, essendo più vulnerabile contrattualmente parlando, può essere portato a rinunciare a tale possibilità pur di mantenere il proprio posto di lavoro, fondamentale per far fronte all'aumento del costo della vita.

Questo fenomeno è legato anche all'impossibilità di un'analisi dettagliata delle effettive tipologie di infortuni avvenuti e conseguentemente all'incapacità di valutazioni esatte su quali aspetti normativi e organizzativi dover lavorare per prevenire eventuali deficit lavorativi.

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La situazione italiana, intorno al mondo della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro, è fortemente influenzata dall'andamento economico (inteso come mero PIL), non tanto in modo diretto, ma per vie traverse. Ovvero l'andamento economico in sè non è necessariamente causa diretta di un deficit dell'attenzione prestata alla previdenza da parte dei datori di lavoro. Questo è rilevabile dall'analisi della relazione dei due parametri considerati, dalla quale si evince che non esiste un legame costante tra quest'ultimi. Tuttavia le conseguenze della congiuntura economica sfavorevole che ha interessato l'Italia nel periodo storico 2013-2017, quali l'incremento del tasso di disoccupazione, la maggiore propensione al lavoro nero e la diminuzione della qualità della vita (in termini economici) hanno ripercussioni sulla sicurezza in ambito lavorativo in generale: da un lato per abbattere i costi risparmiando su quest'ultima, dall'altro per le necessità derivanti dal dovere fare più di un lavoro e o comunque di accettare lavori, anche se in condizioni precarie, pur di potere sostenere il carovita odierno.

Alla luce di tutte le osservazioni riportate in base ai dati raccolti, risulta evidente l'impossibilità di elaborare conclusioni chiare sul reale andamento infortunistico e sulle cause di quest'ultimo. Non è infatti possibile definire con esattezza se i dati degli infortuni siano reali o ridimensionati dalle mancate denuncie possibilmente causate dal lavoro in nero, a sua volta possibile conseguenza dell'andamento economico del nostro paese.

In un mondo "perfetto" potremmo anche pensare di affrontare le crisi economiche non necessariamente privandoci della sicurezza sul lavoro o delle condizioni lavorative regolari. Perciò è possibile asserire che si possa escludere il nesso diretto tra andamento economico e attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, purtroppo, è doveroso affermare che presumibilmente questo nesso esiste nella pratica e che l'andamento economico influenza le scelte che le persone fanno per far fronte alle proprie esigenze, comprese quelle riguardanti la sicurezza lavorativa propria e degli altri, complice una mancata formazione o comunque inadeguata cultura in ambito della sicurezza sui luoghi di lavoro.

La difficoltà di una analisi chiara della situazione lavorativa del nostro paese va a discapito di una ricerca di migliorie necessarie per arginare eventuali mancanze nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro, con le quali gli organi competenti e le istituzioni, nonchè gli stessi analisti, dovranno confrontarsi.

Possiamo concludere che i regolamenti inerenti alla sicurezza nei luoghi di lavori, a causa anche delle situazioni che nascono per via dell'andamento economico, risultano, ad oggi, un cantiere a cielo aperto.

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-Crediti

Progetto realizzato da Kevin Vanni per l'esame di Laboratorio di Progettazione Web, corso di laurea in Informatica Umanistica

Università di Pisa      a.a. 2017/2018