Samuel Rosi - Clara D'apoli - Clarissa Banti

Quello che le donne non... guadagnano

“Ragazze devo dirvi: ...nella mia opinione siete vergognosamente ignoranti. Non avete mai fatto scoperte di alcuna importanza. Non avete mai fatto tremare un impero né condotto un esercito. Non avete scritto le tragedie di Shakespeare e non avete impartito i benefici della civiltà ad una razza barbara. Come vi potete giustificare? È facile dire indicando le piazze, le foreste del globo gremite di abitanti bianchi, neri caffelatte, tutti indaffarati ed occupati nel commercio, l’industrie, l’amore, (noi) abbiamo avuto ben altro da fare.Abbiamo partorito, allevato e lavato e insegnato forse fino all’età di sei sette anni ai 1613 milioni di esseri umani e questa fatica anche ammettendo che ci hanno aiutato esigeva molto tempo”.

-Virginia Woolf-

noimage

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La disparità dei sessi è un problema del quale tutt’oggi è possibile vederne le conseguenze in ogni parte del mondo, anche nei paesi maggiormente sviluppati, e in ogni ambito. Anni di lotte e rivalse hanno portato ad una sempre più vicina uguaglianza, grazie anche a emanazioni di leggi, che però sono ancora in parte impraticate. Partendo dall'istruzione e passando dall'ambito lavorativo per arrivare a quello della retribuzione, faremo un breve excursus a dimostrazione di quanto anticipato circa le discriminazioni di genere.

laurea

Come si evince dal grafico si può facilmente notare che le laureate di sesso femminile sono in misura maggiore rispetto agli uomini in 11 gruppi disciplinari su 16 e, in particolar modo sono evidenti dei picchi nel settore dell’insegnamento, in quello linguistico e in quello psicologico in cui esse superano il sesso opposto di oltre il 50%. Tra i 5 gruppi in cui predominano i laureati maschi, solo nel settore di “difesa e sicurezza” abbiamo uno scarto che supera il 50%, mentre per “agraria e veterinaria” ed “economico-statistico” è minimo, non supera l’1%. In conclusione possiamo vedere come i laureati di sesso maschile siano più presenti in ambiti disciplinari di carattere scientifico rispetto alle loro contendenti, più avezze a quelle di carattere letterario.

occupazione

Per quel che concerne l’occupazione dei laureati italiani si può notare con un' inversione dei numeri, che nonostante il bilancio dei laureati rimanga quasi invariato a 1, 3 e 5 anni di distanza dal conseguimento del titolo, il quadro occupazionale mostra delle modifiche non indifferenti, soprattutto nel confronto tra i due sessi: - in generale, a 5 anni dalla laurea vi è un aumento del 31.7% per la media occupazionale di tutti i gruppi disciplinari, fatta eccezione per quello medico, rispetto a quella fatta a 1 anno di distanza. - nei settori disciplinari in cui vi era un evidente divario di percentuale tra laureati maschi e laureate femmine, al contrario i numeri riportati per gli occupati sono molto vicini tra loro e, nella maggior parte dei casi il resoconto è favorevole agli uomini, piuttosto che alle donne (10 settori su 16). Ad esempio, del 17% dei laureati di sesso maschile intervistati a un anno dalla laurea, in ambito psicologico ne lavora il 35% e la cifra è quasi identica (33.5%) per l’83% di laureate di sesso femminile. - in 10 settori su 16 la percentuale di lavoratrici è inferiore alla media generale degli occupati.

A 1 anno A 3 anni A 5 anni

retribuzione

A guardare il grafico sottostante relativo ai dati sulla retribuzione per uomini e donne in Italia, si nota immediatamente che gli stipendi per i primi, a parità di ogni altra condizione, sono sempre superiori rispetto al sesso opposto. Nel nostro paese gli uomini guadagnano in media 219 euro netti al mese in più delle donne con un divario retributivo quindi del 18.7%. Scrutando con maggiore attenzione i dati si può inoltre evidenziare come la differenza di salario più alta si registri nel settore psicologico, raggiungendo il 28.9%, quello stesso settore in cui invece il sesso femminile rappresentava l’83.4% dei laureati. La percentuale più bassa emerge nel gruppo linguistico con il 9.2%.

europa

Di seguito sono riportati i dati Eurostat (aggiornati al 2015) basati sulla retribuzione oraria lorda per uomini e donne in Europa. Dal grafico emerge che molti dei paesi ritenuti le forze concrete dell’Europa, risentono comunque di un grosso divario tra gli stipendi dei due sessi; a dimostrarlo sono ad esempio la Germania (22%), l’ Olanda (16.1%), l’Austria (21.7%) e anche la stessa Italia (5.5%). Ciò sta a indicare che anche in Europa e, soprattutto nei paesi maggiormente sviluppati, è comunque tangibile il differente trattamento tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. La parità tra donne e uomini è un diritto fondamentale, un valore comune dell’Unione Europea ed una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi comunitari di crescita, occupazione e coesione sociale. A tal scopo, da anni la Commissione Europea è impegnata nel raggiungimento della parità di genere, grazie alla collaborazione tra tutti gli Stati membri e gli altri soggetti interessati.

legge

leggi

Forse nessuno lo sa, ma le leggi sulla parità delle distribuzioni salariali tra lavoratori e lavoratrici esistono (da quando esiste la costituzione).


• 1948: la neonata Costituzione Italiana, sancisce il principio di uguaglianza di genere: a uomini e donne è riconosciuta eguaglianza morale e giuridica all’interno della famiglia con stessi diritti e stesso trattamento economico al lavoro.
Art 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore [...]”

• 1957: il Trattato di Roma, all’articolo 119, sancisce l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra donne e uomini “per uno stesso lavoro”.
Art 119: “Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, e in seguito mantiene, l’applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro [...]”

• 1989: la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata a Strasburgo, all’art. 16 ribadisce l’obbligo di parità di trattamento tra donne e uomini.
Art 16: “Deve essere garantita la parità di trattamento tra uomini e donne: deve essere sviluppata l’uguaglianza delle possibilità. A tal fine occorre intensificare ovunque sia necessario le azioni volte a garantire l’attuazione dell’uguaglianza tra uomini e donne, in particolare in materia di accesso al lavoro, di retribuzioni, di condizioni di lavoro, di protezione sociale, di istruzione, di formazione professionale e di evoluzione delle carriere. È altresì opportuno sviluppare misure che consentano agli uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari”

• 2006: Il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore trova spazio anche nella Direttiva del luglio 2006 dedicata più ampiamente all'attuazione delle pari opportunità e della parità di trattamento in materia di occupazione e impiego, indirizzata a unificare e aggiornare le normative, renderle più coerenti, semplici e comprensibili e, quindi, più applicabili e accessibili. Art 4: Per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni. In particolare, qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso.

ric

Di seguito sono riportati i grafici che riassumono, in maniera più generica, la situazione descritta fino ad ora, col fine rendere ancora più evidenti le differenze nei generi.

conclusioni

Gli studi che abbiamo presentato descrivono la situazione post-laurea nel nostro paese, mirando a mettere in risalto la difficoltà che persiste nel dare piena applicazione a politiche di parità reale, seppure questa iscritta nella Costituzione repubblicana e sancita da una serie di buone leggi. I dati analizzati parlano di una realtà italiana in cui le donne percepiscono salari inferiori a quelli degli uomini a parità di qualifica professionale e di ore lavorate, sia nel privato che, ancora peggio, nel pubblico. Tuttavia la discriminazione retributiva di genere è questione europea e mondiale. Oggi più che mai, la laurea non sembra costituire un fattore protettivo. La situazione che emerge è paradossale: da un lato le donne registrano i migliori risultati nel percorso formativo universitario, mentre dall’altro hanno maggiori difficoltà d’ingresso nel mercato del lavoro rispetto al sesso opposto e accusano differenze sostanziali nei regimi salariali. Per aumentare l’occupazione femminile occorre eliminare le numerose discriminazioni che ancora sono presenti nel mercato del lavoro e nella vita quotidiana nei confronti delle donne, un giusto presupposto per un effettivo sviluppo della società e dell’economia. Tra i fattori principali che potrebbero spiegare in parte la presenza del gender pay gap non può, infatti, essere ignorata una profonda matrice di stampo socio-culturale. Siamo purtroppo una cultura che vede ancora oggi il carico del lavoro domestico e la cura dei figli fortemente sbilanciato in sfavore delle donne, impedendo così a queste ultime di accedere al lavoro straordinario, alle indennità legate alla presenza sul luogo di lavoro, a turni ecc. Secondo uno studio fatto sui dati dell’Inps, il solo evento della maternità, con relativo congedo, comporta a una donna, una perdita di retribuzione media del 12% a vent’anni dalla nascita del figlio. Una ricerca fatta dall’Ocse ci dice inoltre che in Italia le donne lavorano in casa almeno il doppio degli uomini a prescindere dal loro impegno in un impiego pagato. Siamo una cultura che costringe ancora la donna a scegliere tra famiglia e lavoro, che non contempla la conciliazione come strumento utile e necessario. Una cultura-non-cultura alla quale tutti, uomini inclusi e soprattutto, dovrebbero opporsi con forza.

DATI

Le info e i dati relativi ai grafici provengono da:
- Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea -Eurostat