Un caffè, grazie. Quante volte l'abbiamo detto? durante una pausa, per un incontro veloce, dopo un pasto. Il caffè segna in modo netto e preciso i diversi momenti della giornata e influenza il nostro stato fisico; rappresenta sempre una sorta di spartiacque tra qualcosa che è avvenuto prima e quel che ci sarà dopo..

Ma cosa c'è dietro quella piccola tazzina? Che valore ha un gesto così semplice?

Il mondo del caffè è un mercato dal volume di scambi enorme, esso è infatti la seconda(dopo il petrolio) materia più esportata sul totale delle esportazioni mondiali. Si presenta quindi un sistema complesso e particolareggiato in cui entrano in gioco i paesi produttori, gli importatori, le borse, le grandi multinazionali, le grandi istituzioni economiche sovranazionali e le varie organizzazioni, ognuno con i suoi bisogni, precetti e pretese.

COFFEE BREAK si propone di offrirvi, attraverso semplici grafici, una visone generale sulla situazione di questa popolare bevanda negli ultimi decenni, in merito ai paesi coinvolti ed alla loro implicazione nel mercato mondiale.

COFFEE BREAK

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Zone di interesse

Le zone in cui crescono le più grandi piantagioni di caffè sono tra il tropico del Cancro e del Capricorno grazie al clima caldo ed umido, ideale per la crescita della pianta. Come si può notare dal grafico, la maggior parte della produzione di caffè mondiale è concentrata nell’America centrale e del Sud, seguita dall’Asia ed infine dall’Africa. Il caffè è coltivato principalmente in grandi piantagioni a produzione intensiva (fincas o fazendas), presso le quali le popolazioni indigene trovano impiego come braccianti o da piccoli produttori che difficilmente hanno accesso diretto al mercato.

I più grandi importatori di caffè sono l’Europa (principalmente Germania, Francia e Italia), gli Usa e il Giappone. L’Europa importa principalmente dall’Africa, mentre gli Stati Uniti principalmente dal Centro e Sudamerica ma le importazioni non corrispondano mai al consumo effettivo, perché molti paesi (come ad esempio l‟Italia) tendono ad importare più di quanto consumano, creando così delle scorte che andranno successivamente lavorate e riesportate come caffè torrefatto. Un caso curioso e singolare riguarda la Germania, che importa circa 18 milioni di sacchi di caffè crudo e ne riesporta il 30% senza lavorarlo: questo fenomeno è reso possibile grazie alla sua organizzazione portuale e di trading internazionale che rende più competitiva l'importazione tedesca rispetto ad una transazione diretta fatta in regioni meno attrezzate dal punto di vista logistico.

Tutto il caffè trasformato, confezionato e distribuito è gestito da grandi competitori globali: all'interno di questa vasta folla di operatori ci sono delle grandi multinazionali che controllano quote rilevanti del mercato al consumo. Fra i maggiori attori del settore si distinguono le multinazionali Nestlè, Kraft Foods, Strauss Coffee, con sedi legali rispettivamente in Svizzera, Usa e Israele.

         

Le oscillazioni

Il mercato del caffè, fino al 1989, è rimasto relativamente stabile anche a dispetto degli eventi atmosferici e delle loro ripercussioni sulle piantagioni, e ciò grazie fondamentalmente ai vari accordi internazionali sul caffè che hanno garantito una sorta di stabilità del mercato attraverso il sistema delle quote. Tale sistema prevedeva che, nel momento in cui i prezzi sul mercato mondiali scendevano sotto un certo livello, gli accordi disciplinavano delle quote massime che i vari paesi produttori potevano immettere nel marcato stesso, garantendo in questo modo una sorta di protezione. Il 4 luglio del 1989 questi accordi fallirono e da allora si parla di liberalizzazione del mercato del caffè. Ciò ha reso il prezzo del caffè soggetto ai capricci del mercato, con la peculiarità, rispetto ad altri beni, che le fluttuazioni della quotazione pesano interamente sui coltivatori (e su interi paesi che hanno basato la loro economia su questo bene), senza che il resto della filiera subisca alcun contraccolpo.

Il mercato internazionale del caffè è nelle mani delle multinazionali: il 40% è rappresentato da multinazionali commerciali le quali svolgono solo l’intermediazione tra importatori ed esportatori mentre il restante 60% è rappresentato da multinazionali di trasformazione le quali vendono il caffè ai consumatori, già torrefatto e impacchettato. Grazie alla leadership che si sono assicurate hanno creato un sistema definibile come monopsonio, termine che designa una particolare forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un solo acquirente a fronte di una pluralità di venditori, un acquirente che decide se e in quali quantità acquistare il prodotto e soprattutto decide il prezzo, massimizzando così la propria funzione di profitto.

Così, per il caffè, avviene che quando i prezzi dela materia grezza sono bassi, oppure quando si possono prevedere annate con produzioni scarseggianti, gli investitori si immettono nel mercato operando grandi investimenti. Nel mercato mondiale, questa improvvisa domanda porta automaticamente al rialzo dei prezzi, questo meccanismo prosegue fintantoché gli investitori decidono di vendere a loro volta, per appropriarsi del profitto, causando un crollo altrettanto improvviso dei prezzi sempre su scala mondiale. Il risultato è che per una tazzina bevuta al bar, al coltivatore resta in media l'1%, mentre per un pacco comprato al supemercato la percentuale sale al 6%. Si calcola che in alcuni casi dal coltivatore al consumatore finale il prezzo aumenti del 7000%.

Progetto realizzato da Tiziano Labruna e Alexandra Bota per il corso di Laboratorio e Progettazione Web (a.a. 2015-16), CdS di Informatica Umanistica, Università di Pisa.

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Sitografia:

Wikipedia

Agri Regioni Europa

I dati dei grafici sono stati presi da Dati Open e Ico

Grafici realizzati grazie al servizio offerto da Highcharts